Inizialmente (X secolo a.C.), il territorio ubicato a sud dei Colli Euganei era caratterizzato da zone boschive e paludose, abitate prima dalla popolazione "Euganea” e poi dai "Paleoveneti”. Il primo centro importante, sorto in quel periodo, è stato ATHESTE, attualmente ESTE ( VIII secolo a.C.). In quel tempo ESTE, situata ai piedi dei Colli Euganei, era bagnata da uno dei corsi d’acqua che costituivano il bacino fluviale dell’ Adige. Nel I secolo a.C., con l’insediamento della Civiltà Romana, la zona venne bonificata, coltivata e dotata di importanti vie di comunicazione terrestri e fluviali. Con il crollo dell’Impero Romano (476 d.C. caduta di Roma) e di conseguenza la scomparsa della fiorente civiltà "Paleoveneta/Romana”, la zona fu interessata dal fenomeno delle devastanti invasioni Barbariche. I territori, che precedentemente erano stati bonificati e coltivati, furono del tutto abbandonati dalle popolazioni che cercavano di sfuggire alle incursioni Barbariche e la zona divenne inospitale e per lo più disabitata. A tutto questo si aggiunse un periodo di pessime condizioni climatiche con pesanti perturbazioni e abbondanti precipitazioni, causate anche da un sensibile calo delle temperature. Ciò rese il bacino fluviale dell’Adige incapace di sostenere le ondate di piena e le inondazioni divennero sempre più frequenti, tanto da trasformare l’intera zona in una grande palude, che si estendeva a Sud dei Colli Euganei fino a raggiungere il territorio di Rovigo. Questa situazione perdurò per alcuni secoli, causando danni enormi al territorio e costringendo le popolazioni a fuggire per cercare nuovi insediamenti. Alcuni storici affermano che fu la famosa "Rotta della Cucca” (anno 589 d.C.) l’evento scatenante di tale disastro ambientale con la conseguente deviazione del corso del fiume verso la zona di Rovigo, dove scorre attualmente. I Nobili ed i Governanti di allora non si preoccuparono di intervenire e di riparare gli argini del grande fiume, lasciando che la zona, per alcuni secoli, restasse paludosa ed inospitale.
Per alcuni secoli la zona paludosa e malsana della bassa padovana restò abbandonata nella miseria più nera e il primo intervento di recupero delle popolazioni e del territorio partì dai "Canonici” della collegiata di Santa Tecla di Este, attorno all’anno 1000. I Religiosi si insediarono a Carceri (allora Gazzo) nell’antica "Pieve campestre” e, come Ordine Religioso, scelsero la regola dei Monaci Agostiniani (da Pietro de Honestis – Chiesa di Santa Maria porto di Ravenna). Ricevettero donazioni di terreni, di case e poterono usufruire di ampi privilegi nella gestione della popolazione e del territorio, tanto da far nascere un Monastero che sarebbe diventato uno dei più importanti del Veneto. Grazie all’attività dei Monaci, guidati dai Priori Domenico e Pistore e protetti dai Vescovi Sinibaldo e Bellino, i territori furono bonificati ed il monastero poteva offrire ospitalità ai poveri e lavoro alle famiglie della zona. Importante, forse quasi determinante, per la ripresa agricola ed economica della zona, fu il ritorno ad un clima più temperato che permise il miglioramento delle coltivazioni agricole ed un sensibile aumento della popolazione. Furono anni di splendore per il Monastero di Santa Maria delle Carceri, con un sensibile miglioramento della vita sociale e lavorativa delle popolazioni che vivevano negli appezzamenti di terreno gestiti dai Monaci Agostiniani. Ma. Qualche anno dopo, il Monastero cominciò a perdere quelle caratteristiche che pazientemente erano state costruite dai Monaci, e ciò anche a seguito di eventi negativi come l’invasione delle cavallette (anno 1340) e l’epidemia della peste (anno 1348). Inoltre le popolazioni che sostenevano l’attività agricola del Monastero dovettero abbandonare i territori a causa della feroce guerra fra la dinastia Scaligera e la dinastia Carrarese. Il Monastero fu quasi abbandonato, i pochi Monaci rimasti vivevano la loro esistenza senza poter governare e gestire il territorio, così, nell’anno 1405, il Papa Innocenzo VII, affidò la gestione del Monastero ad un esterno: Angelo Sommariva di Santa Prudenziana di Napoli.
Nel 1408 l’Abate Venier, per ridare splendore al Monastero di Carceri, si recò a Roma dal Papa Gregorio XII convincedolo a togliere la gestione al Sommariva e ad istaurare a Carceri l’Ordine Religioso dei Frati Camaldolesi. Questo fu possibile perchè il territorio di Carceri apparteneva al domino della Serenissima, il Papa era Veneziano ed il Governo di Venezia appoggiava l’Ordine dei Monaci Camaldolesi. Con la bolla Papale del 18 Febbraio 1408 parecchi Monaci della Chiesa di San Michele di Murano si trasferirono a Carceri ed iniziarono subito a condurre la loro vita religiosa. L’Ordine dei Camaldolesi (legato alla Regola di San Benedetto), fondato nel 1012 da San Romualdo, prevedeva la presenza di Monaci Eremiti e Cenobiti, infatti lo stemma era caratterizzato da due colombe che si abbeveravano in un calice divino a rappresentare le due istituzioni religiose. Con l’avvento dei Monaci Camaldolesi il Monastero fu ben presto elevato alla dignità di ABBAZIA (riconoscimento anno 1427) e fu una continua crescita di attività sociali, lavorative, religiose ed ecclesiastiche. L’Abbazia venne dotata di quattro chiostri, fu costruita una biblioteca, ripristinata la Foresteria, che venne adibita al ricovero dei pellegrini. Furono rimesse in ordine o ricostruite:
Venne costruita una cinta muraria, rese agibili le strade, prosciugate le terre paludose e coltivate le campagne. L’Abbazia si arricchì dell’Accademia degli studi con la lettura e l’interpretazione dei numerosi codici presenti nella biblioteca, si arricchì di una scuola di formazione per i giovani Novizi e i Monaci vivevano, in maniera autosufficiente, grazie alla coltivazione di ingenti territori agricoli, alla lavorazione della ceramica e alla gestione dell’attività farmaceutica. Furono gli anni del massimo splendore per l’Abbazia di Santa Maria delle Carceri. Tuttavia, nel XVI secolo d.C., l’Abbazia iniziò lentamente a perdere l’importanza ed il prestigio che aveva acquisito. Vari eventi ne causarono la rovina, l’incendio del 1643 che causò ingenti danni alla Chiesa e alla struttura Abbaziale, ma le motivazioni più importanti furono le necessità economiche legate alla costruzione del Seminario Maggiore di Padova e le necessità economiche della Repubblica di Venezia impegnata nella guerra contro i Turchi (Guerra di Candia). Fu così che, con la bolla papale del 30 Gennaio 1690, Papa Alessandro VIII decretò la soppressione dell’Abbazia, la sua vendita all'asta e l’obbligo per i Monaci di andarsene. I preziosi volumi della biblioteca furono portati nella Chiesa di San Michele di Murano a Venezia e altri oggetti preziosi andarono alle Chiese di Santa Lucia di Vicenza e a San Giovanni di Murano. Gli altri oggetti o reperti rimasti a Carceri furono trafugati o venduti o lasciati in rovina.
Con la vendita dell’Abbazia ai Conti Carminati iniziò un periodo di lento ed inesorabile declino della straordinaria struttura Abbaziale dei Monaci Camaldolesi. La famiglia dei Conti Carminati, di provenienza Bergamasca, aveva e mantenne la residenza a Venezia, ma il primo intervento sull’Abbazia fu la trasformazione della casa dell'Abate in residenza estiva per i Conti (attuale Casa Canonica). In pochi anni l’Abbazia Camaldolese divenne una grande azienda agricola, eccezionali furono le modifiche strutturali, ed architettoniche realizzate. Furono distrutti i due Chiostri Camaldolesi, fu distrutta quasi completamente la cinta muraria e il fabbricato della Foresteria trasformato in granaio. Furono abbattuti i muri divisori nelle celle dei Monaci e demolite le torri d’angolo del chiostro romanico.Verso la metà del secolo XIX (4 Novembre 1834) la Famiglia Carminati trasferì definitivamente la propria residenza a Carceri, cercando di rendersi molto attiva nella vita pubblica e politica del paese. Ma, dopo gli ultimi anni economicamente difficili che obbligarono la Famiglia alla vendita, poco per volta, di case e campagne, nel 1950 gli eredi dei Conti Carminati cedettero l’ex Abbazia alla Parrocchia di Carceri. Il complesso Abbaziale, privo dei territori circostanti, era allo sbando e le strutture rimaste, la maggior parte ancora oggi visibili, apparivano fatiscenti e rappresentavano solo una piccola parte dell’intero sito Monastico.
Nel 1950 la Parrocchia di Carceri entrò in possesso del complesso Abbaziale. Il sito storico, culturale e religioso è entrato sotto la tutela di fondazioni e vari enti pubblici:
Attualmente l’intero sito Abbaziale è gestito dalla Parrocchia di Carceri, funziona un servizio di Accoglienza con la visita dell’Abbazia e del Museo della Civiltà Contadina, allestito al primo piano del Chiostro del 1500. Nella Casa del Padre Foresterario, dal giugno del 2015, funziona un Centro di spiritualità per gli Scout.